venerdì 24 aprile 2009

La mia prima Callas




Sono appassionato da sempre di musica sinfonica e cameristica; quest'ultima preferibilmente senza voci…

Ho cominciato ad ascoltare qualcosa di lirica alla fine degli anni '70, quando, aumentando a dismisura il numero di titoli disponibili nella mia discoteca, mi accorsi che non poteva mancare anche quel genere.

Sono sempre stato contrario ad accettare una voce “impostata”, come quelle della lirica, “in abbinata” ad un brano musicale. Il connubio mi faceva venire i brividi, come quando si strusciano le unghie sul vetro.

Eppure, da adolescente ero stato più di una volta al Teatro di San Carlo a Napoli, presenziando a rappresentazioni di opere complete, quasi tutte composte da Giuseppe Verdi.

L'impatto visivo, le scene, con il suono dell'orchestra dal vivo, mi davano emozioni fortissime che calavano inesorabilmente non appena appariva una cantante o un cantante ad impalarsi sulla scena per la sua parte.

Mi sono forzato tantissime volte e, un giorno, nel mitico negozio Cesarini di Napoli in Largo Celebrano (eh, non c’è più da tanto troppo tempo!), comprai "La Traviata" di Verdi nell'edizione diretta da Antonino Votto.
Solisti: Scotto, Raimondi e Bastianini.
Un doppio LP che ancora conservo nella mia discoteca tra le cose più care.

Ascoltai con attenzione, e sebbene annoiato ad ogni accenno canoro (more solito), mi accorsi che la Scotto mi piaceva molto più di quanto avessi avuto la ventura di conoscere in una rappresentazione al San Carlo.
Come dite? Volete sapere chi era? Boh?!?

Il doppio disco giacque però lì per un bel po' di tempo, dopo il fugace primo ascolto.

Beethoven, Bach, Mozart, Brahms, Tschaikowsky, Schumann. Chopin, Bruckner, Wagner... (orchestrale!), premevano e mi prendevano interi pomeriggi di ascolto piacevole ed ininterrotto, rendendomi una persona felice.

Intanto, e siamo nei primissimi anni '80, continuavo ad erudirmi con le critiche pubblicate sulle varie riviste, tra cui quelle della sezione musicale di Suono e Stereoplay, e fu anche lì che mi imbattei ancora nel nome di Maria Callas.

Non sapevo chi fosse, se non per la notorietà dovuta al personaggio pubblico che rappresentava. Ne sentivo parlare sempre un gran bene, ma da accanito appassionato di hi-fi non accettavo di dover ascoltare sul mio megagalattico impianto (beh, all'epoca mica tanto!), musica "vecchia" o, meglio, incisa e/o registrata male.

La Traviata diventò allora il mio "riferimento" per la lirica per cui, tornando successivamente al negozio Cesarini, comprai l'unica versione disponibile che la Callas avesse inciso in studio (con la speranza che fosse migliore - tecnicamente parlando - di quelle dal vivo). Mi riferisco alla versione Cetra del 1953, diretta da Gabriele Santini.

In tutta sincerità, non avevo neanche idea di cosa si stesse preparando, a causa di quell'ascolto...

Tornai a casa, indirizzai immediatamente la puntina sulla parte in cui il soprano nel finale del primo atto canta: "E' strano, è strano...".

L'ascolto che si presentò alle mie orecchie - fatta salva una fastidiosa intermodulazione, presente in alcuni punti della registrazione, e che in altro caso mi avrebbe imposto l'immediato cambio del disco - fu sconvolgente! Non riuscivo a capacitarmi del come e del perché la Scotto, a paragone con la Callas, desse l'impressione di cantare "sforzandosi" così tanto. Fui colpito dall'agilità, dall'estensione, dal modo di cantare del tutto diverso, dall'accento, e dall'interpretazione. La Sua dizione, più che perfetta, non imponeva la lettura del libretto, e mi fece realizzare che ero nell'Empireo, "atterrato" su un pianeta completamente diverso, lontano anni luce da tutto il resto.

Mi venne dischiuso un orizzonte totalmente sconosciuto, sollevato dalle pesantezze e dalle barbosità che così tanto mi avevano colpito in negativo in precedenza, tenendomi lontano dal genere.

La modernità di quella Voce non mi ha mai più lasciato indifferente. Dovunque mi trovi, ogni qualvolta mi accorgo che stanno suonando qualcosa di suo, devo fermarmi ed ascoltare: è come un'attrazione magnetica (con "catalessi immobilizzante" annessa) che quella Voce impone al mio subconscio.

La lirica continua a non convincermi - anzi nella quasi totalità dei casi mi annoia, soprattutto per lo squallore tecnico/interpretativo che la circonda - non conosco i libretti a memoria, non ricordo i nomi di talune composizioni, figuriamoci dei cantanti, ma l'arte interpretativa e vocale della Callas fa ormai parte del mio DNA e mi impone, come in una regola monastica, il paragone immediato, diretto e spietato (nel 99,99% dei casi).
Sarò pure “vedovo”, sarò “fanatico”, sarò “isterico”, ma tant'è, son fatto così! E me ne vanto! ;-)

Ragion per cui, quelle rare volte che sono costretto a presenziare ad una rappresentazione lirica, preferisco recarmi ad ascoltare Opere che Lei non ha mai interpretato durante la Sua carriera!

Sangue amaro zero, attenzione salva; fatta eccezione la noia, sempre in agguato, in questi casi.