domenica 6 dicembre 2009

Maria Callas: "A vos jeux" da Hamlet di Thomas. Philharmonia Orchestra, N. Rescigno. 1958, Londra

Maria Callas esegue "A vos jeux" da "Hamlet" di Charles Louis Ambroise Thomas. Nicola Rescigno dirige la Philharmonia Orchestra. Registrazione in studio effettuata tra il 19 e l 24 settembre 1958 a Londra.

mercoledì 21 ottobre 2009

Maria Callas "Oh! s'io potessi dissipare le nubi"-1 Pirata, Bellini, Rescigno. Amburgo 15.05.59

1a parte. Maria Callas esegue "Oh! s'io potessi dissipare le nubi" da "Il Pirata" di Vincenzo Bellini. Nicola Rescigno dirige la Symphonieorchester des NDR. Registrazione live effettuata alla Musikhalle di Amburgo il 15.05.1959.

mercoledì 16 settembre 2009

16.09.1977 - 16.09.2009

Oggi 32 anni da quel 16 settembre 1977, quando Maria Callas entrò nell'Immortalità.

mercoledì 22 luglio 2009

I soldi in scena: sprechi, privilegi e flop: così la Casta dello show «divora» i fondi




Da un articolo a firma Paolo Bracalini apparso a pagina 35 de Il Giornale, il giorno 21/07/2009:

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Paolo Bracalini

L’integrativo per il porto d’armi finte nell’Aida? Ma sì, c’è anche quello. Se lo ricorda bene il sovrintendente dell’Arena di Verona che quella sera, prima della «prima», si vide schierato davanti un picchetto di comparse travestite da guardie di Radamès, ma con le braccia incrociate: «Non andiamo sul palco se non ci firmi l’integrativo per l’uso di armi di scena». Il manager non mollò e l’opera verdiana si fece coi soldati del Faraone a mani nude. Antico Egitto o Roma 2009, la musica è sempre quella: il Fus! Il Fus! ovvero, più soldi a teatri pubblici, film d’autore, fondazioni liriche. Richiesta sacrosanta cui però va aggiunta una postilla, quella dei grandi flop, dei “capolavori” finanziati col denaro pubblico ma disertati dal pubblico, della voragine nei bilanci di molte fondazioni liriche col loro esercito di 6mila dipendenti, del nulla di certi cartelloni di prosa mantenuti a suon di euro statali. La legge per fortuna è diventata più selettiva nel tempo, quella sul finanziamento del cinema per esempio ha subito una torsione nel 2006 (riforma Urbani), anno di vacche magre per certi furbetti del quartierino cinematografico. Prima di allora, era la cuccagna in formato grande schermo, grazie alla radiosa idea del ministro-cinefilo Veltroni: coprire fino al 100% della produzione di film d’autore. Succedeva allora che società di produzione nascessero e fallissero così, nel giro di due anni, giusto il tempo di girare un film, incassare il finanziamento e dichiarare bancarotta per non doverlo più restituire. Il cinema assistito, poi, non è sempre memorabile. Alzi la mano chi ricorda Prime luci dell’alba di Lucio Gaudino (1.250.000 euro di finanziamento pubblico, 12mila euro di incasso), o La rumbera di Piero Vivarelli (1.289.000 euro di fondi statali e 8.400 euro di biglietti venduti), oppure Laporta delle sette stelle di Pasquale Pozzessere (3 milioni di euro), la cui recensione sul dizionario dei film Morandini si conclude lapidariamente così: «Distribuito senza esito nell'estate 2005». Certo, succede anche che i film sovvenzionati vadano bene, ma succede molto più spesso che vadano male o che nemmeno arrivino nelle sale.«Cancellare interamente il finanziamento pubblico e investire tutto su potenti defiscalizzazioni, come fanno in America e Giappone, dove gli artisti sono pagati dieci volte tanto da sponsor privati che deducono queste spese dalle tasse» ha proposto ai microfoni di Radiotre il direttore dello Spettacolo dal Vivo (il capo di gabinetto del ministro dei Beni culturali) Salvatore Nastasi. Ma nel pentolone del famigerato Fus, la torta di finanziamenti pubblici, la quota maggiore non è affatto quella per il cinema (circa 70 milioni di euro nel 2009), perché sono le Fondazioni liriche a succhiare la quota più grossa di soldi: 180 milioni per l’anno in corso. Tanti? Pochi? Mah. Certamente spesso male utilizzati. Innanzitutto il numero di Fondazioni liriche, ben14, troppe a detta di molti - e non sempre all’altezza. Poi lo smisurato numero di dipendenti delle stesse, circa 6mila, in media 461 a testa. Una folla di lavoratori che assorbe il 70% delle risorse. Il principale problema del sistema è che le risorse vengono elargite non in base alla bravura (a chi fa spettacoli migliori), ma in base ad astrusi calcoli che in gran parte si riferiscono al pregresso. Sembra una barzelletta ma è così: più soldi hai preso in passato, più ne prenderai. Poi i teatri stabili (quelli statali) si aiutano tra loro a raggiungere i parametri che garantiscono la sovvenzione, ospitandosi a vicenda: tu mi prendi il mio spettacolo, io il tuo. Spesso con cachet e compensi monstre. Al Teatro Stabile di Torino stava per andare in scena uno spettacolo di Peter Stein, 12 ore di recita, 900mila euro di spesa(pubblica). Poi il direttore del teatro ha bloccato tutto. Ma non perché fossero troppi i 900mila euro, no, perché il grande regista aveva fatto lievitare i costi di altri 210mila euro. Oops...Alla fine è costato molto meno, 400mila euro. Sì, ma non è mai andato in scena…
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martedì 16 giugno 2009

Mina parla della Callas!

Non avevo mai sentito questa puntata radiofonica in cui Mina parla di Maria Callas!
Tremendamente emozionante per chi, come me, ama entrambe, accorgersi, sul fine della puntata di quanta ammirazione e stima la cantante cremonese nutra ancora per la Divina.
Un applauso scrosciante e a scena aperta per entrambe, lo mertate! :-)



domenica 14 giugno 2009

Maria Callas: "Mercé dilette amiche", Verdi "I Vespri Siciliani", E.Kleiber, Firenze 1951

Maria Callas esegue "Mercé, dilette amiche" da "I Vespri Siciliani" di Giuseppe Verdi. Erich Kleiber dirige l'Orchestra e il Coro del Maggio Musicale Fiorentino. Registrazione live effettuata il 26.05.1951 a Firenze.

venerdì 12 giugno 2009

Maria Callas: "In alto mare e battuto dai venti... Deh! tu calma" Verdi Vespri E.Kleiber 1951

Maria Callas esegue "In alto mare e battuto dai venti... Deh! tu calma" da "I Vespri Siciliani" di Giuseppe Verdi. Con Mafalda Masini, Gino Sarri, Lido Pettini ed Enzo Mascherini. Erich Kleiber dirige l'Orchestra e il Coro del Maggio Musicale Fiorentino. Registrazione live effettuata il 26.05.1951 a Firenze.

lunedì 4 maggio 2009

Maria Callas: "Contro un cor che accende amore" Rossini, Barbiere Siviglia, 1957 Londra

Maria Callas esegue "Contro un cor che accende amor" da Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini. Al duetto partecipa Luigi Alva. Alceo Galliera dirige la Philharmonia Orchestra e Chorus. Registrazione effettuata nel settembre 1957 alla Kingsway Hall di Londra.

domenica 3 maggio 2009

Maria Callas: "Dunque io son!" Barbiere di Siviglia, Rossini, con Tito Gobbi, Londra 1957, Galliera

Maria Callas esegue " Dunque io son!" da Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini. Al duetto partecipa Tito Gobbi. Alceo Galliera dirige la Philharmonia Orchestra e Chorus. Registrazione effettuata nel settembre 1957 alla Kingsway Hall di Londra.

mercoledì 29 aprile 2009

Italia degli sprechi: Opera mangiasoldi





Esercitando il diritto di cronaca, inserisco sul mio blog l'articolo apparso sul quotidiano Il Giornale il giorno 28 aprile 2009, che denuncia lo stato comatoso in cui giacciono i teatri e gli enti lirici in Italia.

L'Opera degli sprechi

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Ecco la casta dei teatri lirici traviati da sprechi e privilegi
di Paolo Bracalini

Inchiesta sulle 13 fondazioni finanziate ogni anno dallo Stato. I 300 milioni pubblici? "Sfamano" l’esercito dei 6mila dipendenti. I ballerini in Italia vanno in pensione a 52 anni, nel resto d'Europa a 45

Vi immaginate un duetto tra un ballerino 52enne e una étoile di 47 anni? Sembra uno scherzo, eppure potrebbe capitare di vederli volteggiare per davvero in un teatro, ma solo in Italia. Perché da noi, grazie a contratti blindati dai sindacati, chi è dipendente di un teatro lirico può godere di privilegi anacronistici, contratti integrativi e trattamenti pensionistici invidiabili. In Francia, per dire, i ballerini vanno in pensione a 42 anni, non a 52, età forse non ideale per svolazzare su un palcoscenico. Il ministero vorrebbe portare l’età pensionabile a 45, i sindacati resistono. Ma la proposta-provocazione di Alessandro Baricco (destinare i fondi della lirica a scuola e tv) ha smosso le acque stagnanti dello statalismo musicale e ha segnato (forse) una svolta nella coscienza del settore.

Eppure i tutù sono soltanto la punta di un iceberg, una romantica avanguardia nell’esercito dei 6mila dipendenti dei teatri lirici italiani. Seimila lavoratori spalmati su 13 fondazioni, in media 461 dipendenti (a tempo indeterminato) a testa, con il picco della Scala di Milano (808 dipendenti) e dell’Opera di Roma, un transatlantico con 633 marinai tra dirigenti, amministrativi, artisti e tecnici. La metafora nautica può funzionare se si guardano i bilanci (roba da Titanic), ma se invece ci si concentra sugli organici monstre fa più comodo l’analogia con un’altra esperienza (fallimentare) di gestione pubblica. Insomma, benvenuti a bordo dell’Alitalia del bel canto. Un sistema che va avanti a fatica, che abbonda, anzi esonda di personale, tanto da spendere gran parte del finanziamento statale soltanto in buste paga, lasciando l’esiguo resto alla povera musica.

Briciole, se si pensa che in media il personale assorbe il 70% della spesa, e che quindi solo il 30% spetta alla produzione. Certo il finanziamento pubblico in Italia non si avvicina minimamente ai livelli della Francia, dove la cultura (lirica, prosa, cinema) è amministrata e sovvenzionata a piene mani dallo Stato. Ma è altrettanto lontana dal sistema anglosassone, dove vige un sistema di tax sheltering, cioè la defiscalizzazione della cultura che gode di un regime privilegiato, ma in compenso non incassa quattrini (nessuno negli Usa, pochi in Inghilterra) dallo Stato. L’Italia si colloca a metà strada tra i due modelli, come spiegò Walter Veltroni quando battezzò la famosa legge del 1996 che «privatizzava» (per modo di dire) il settore, trasformando gli ex teatri lirici (ovvero ex carrozzoni comunali) in fondazioni private. Ma i privati, scoraggiati da buchi di bilancio profondi come canyon, se ne sono tenuti a debita distanza, e tranne qualche eccezione virtuosa (la Scala di Milano su tutte), si limitano a scarne sponsorizzazioni.

Il risultato è inquietante, soprattutto se si pensa che la lirica è uno dei grandi «marchi» della cultura italiana e che il nostro melodramma (Puccini, Verdi, Rossini) è tra gli appuntamenti più appealing di tutti i cartelloni mondiali, da New York a Tokyo a Berlino. Eppure. Conti in rosso quasi ovunque, 300 milioni di debito accumulati negli anni e mai smaltiti, 3 teatri su 13 commissariati (Roma, Napoli, Genova, quest’ultimo ha rischiato anche il fallimento), due altri salvati per miracolo dal commissariamento (Verona e Bologna), un altro ancora appena uscito dalla stessa emergenza (Firenze). Situazione da collasso, come se la lirica fosse abbandonata a se stessa. Ma non è così, lo Stato sorregge la «musa bizzarra e altera» (come la definì il musicologo Herbert Lindenberger), anche se la coperta dei soldi pubblici diventa sempre più corta. Le fondazioni liriche sono le più assistite: da sole assorbono quasi la metà del Fus, il fondo statale per lo spettacolo. E i soldi non sono così pochi, nel 2008 i contributi totali assegnati dal ministero sono stati di 269 milioni di euro (compresi i 5 per il Petruzzelli di Bari, non ancora attivo), cui vanno aggiunti gli aiuti degli enti locali, che nel 2007 sono stati di altri 110milioni di euro da Regioni, Province, Comuni. Insieme fanno 380 milioni di euro.

Ecco, ma questo dato va confrontato con un altro, quello delle spese per il personale, la voce più alta tra le uscite nei bilanci. Ebbene, nel 2007 il costo del personale (dati del Ministero), è stato di oltre 343 milioni di euro, più dell’intero ammontare del contributo ministeriale. Poi certo ci sono gli incassi dai biglietti, circa 100 milioni di euro il dato per il 2008 (fonte Siae), ma sempre pochi per far fronte alle enormi spese fisse, e in flessione dell’11,5% rispetto al 2007. I cachet degli artisti ospiti (registi, cantanti, musicisti) alla fine non sono quelli che incidono di più. Il costo medio a recita (cachet più allestimenti) varia dai 109mila euro dell’Arena di Verona ai 50mila euro del Comunale di Bologna. I vip del bel canto, spesso capri espiatori dei costi faraonici dei teatri lirici, più volte si sono lamentati del cliché che li vorrebbe costose primedonne ma che invece occulterebbe le reali fonti dello sconquasso finanziario. «È vero, spesso un allestimento costa più di quanto sarebbe ragionevole, ma bisogna vedere quanto finisce nelle nostre tasche e quanto in quelle degli agenti. I veri padroni del teatro sono loro» ha spiegato una volta il grande baritono Renato Bruson. Va detto che, pur avendo numerosi dirigenti, sovrintendenti e consiglieri di amministrazione, pagati per decidere le stagioni e costruire i cartelloni, spesso i teatri si affidano a intermediari (appunto gli agenti teatrali, pochi e ben ammanicati) per ingaggiare compagnie e artisti, facendo così inevitabilmente lievitare i costi dello spettacolo.

Anche nel caso dei lirici, come per quelli di prosa, il sistema di finanziamento pubblico è quasi del tutto slegata da logiche meritocratiche. C’è una valutazione sulla qualità della produzione, ma incide solo su una piccola parte dell’erogazione, mentre il grosso viene stabilito solo a partire da criteri quantitativi: il parametro storico (quanti soldi ha ricevuto nell’ultimo triennio, per cui chi ne ha ricevuti di più ne riceverà di più) e quello dei costi (con la conseguenza pericolosa che chi più spende, in stipendi del personale, più incassa...).

C’è un retaggio storico delle fondazioni liriche che ancora pesa. «Nascono da enti su base comunale dove si poteva assumere a tempo indeterminato, mentre altrove si dovevano fare concorsi. Così si convogliavano verso questi enti persone che si volevano collocare anche solo per ragioni di contiguità partitica» spiega l’economista Giuseppe Pennisi in un dossier sulla lirica pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni. Il cosiddetto overstaffing, cioè l’altissimo numero del personale nei 13 teatri lirici, non è molto cambiato dopo il 1996. Il tutto a fronte di una produttività non certo frenetica. Nel 2007 la Scala ha fatto 107 recite d’opera, Napoli 51, Genova, 56, Bologna 59... Allo Staatsoper di Vienna invece si canta praticamente ogni sera, 356 volte l’anno, all’Opera di Parigi 360. Da noi poche recite, finanziate dallo Stato ma almeno a buon mercato? Nemmeno quello. Come ha notato l’economista Roberto Perotti, al Metropolitan di New York (che non ha aiuti pubblici) una serata costa meno che alla Scala.
Si aggiungano i molti privilegi dei dipendenti, come quelli degli orchestrali per esempio. Si è scritto che la loro settimana lavorativa è fatta di giornate da 5 ore (e oltre 14 mensilità), quanto basta per garantirsi serenamente un secondo o terzo lavoro fuori dal golfo mistico. Anzi, è la stessa legge istitutiva delle fondazioni che «legittima» il secondo lavoro. Si chiamano «corpi artistici separati», in pratica vuol dire che l’orchestra di un teatro può suonare (e farsi pagare) altrove senza che il teatro (che pure gli paga lo stipendio) possa eccepire nulla. Dicevamo degli integrativi, contratti paralleli che regolano premi per le trasferte, bonus per le dirette radio e tv, vari altri incentivi che insieme permettono ai dipendenti dell’«Alitalia del bel canto» di portarsi a casa fino al 40% in più dello stipendio. Casta sì, ma poco diva. [Paolo Bracalini, Il Giornale 28.04.2009]
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domenica 26 aprile 2009

Richter e la Callas




Tempo fa ho visto la registrazione dello speciale che "Palcoscenico" dedicò a Maria Callas nel trentennale dalla morte.
Ebbene, a differenza di altre trasmissioni concomitanti, mi sono emozionato; insomma mi è piaciuto tantissimo!

Il percorso artistico della Callas è sembrato bene impostato, soprattutto perché puntellato da registrazioni originali, tratte da interviste d'epoca, in cui la stessa cantante tracciava il suo "verbo" tecnico ed interpretativo.

Interessantissima la parte in cui la Callas si scaglia contro chi parla dei soprani differenziando la loro voce in "lirico", "d'agilità", e "drammatico".
Secondo la Divina, un soprano che sa cantare deve poter fare tutto, esattamente come accadeva ai tempi in cui gli autori del melodramma italiano creavano le loro opere. Colei che non è capace di fare tutto, dovrebbe essere relegata a particine secondarie perché non merita di essere definita "cantante completa".

Beh, è ciò che ho sempre pensato, e sentirlo dire direttamente alla Callas mi ha confortato molto, mettendomi al riparo da tutti i vituperi che mi sono dovuto beccare dai cosiddetti "fan" di talune "cantanti", che impazzano in lungo ed in largo, per fare le pulci alla Somma Arte dell'Eterna Maria...

Mi sono particolarmente emozionato nell'ascoltare la lettura del contenuto di una missiva appassionata, e colma di amore, che lei stessa indirizzò all'uomo che la fece innamorare. E' di una dolcezza infinita, e presenta, a tratti, l'aspetto sinistro della tragedia finale.

Bruno Tosi ha mostrato alcuni cimeli che la riguardavano, alcuni di acquisizione recente, e anche lì l'emozione è andata alle stelle.

Interessante il racconto di Luchino Visconti sul loro primo incontro e della folgorazione che subì al primo ascolto di quella Voce, con Serafin al piano, e la Callas ad interpretare un brano dalla Traviata...

Toccante anche il racconto dell'amicizia che la legò a Pasolini, e la lettura di alcune frasi a lui indirizzate (scritte "dal cielo, sopra un tappeto di nuvole"), che sono di una poesia struggente ed infinita.

Consiglio a chi non ha visto la trasmissione di aprire spesso http://www.palcoscenico.rai.it. Si spera possa trovarsi il "podcast".

Durante la trasmissione radiofonica di "Segni particolari: Divina! - Omaggio a Maria Callas" del 7 ottobre 2007, è stato citato il seguente brano, tratto dai diari del grande pianista russo Sviatoslav Richter, scomparso ormai da 10 anni e che ebbi modo di ascoltare al Teatro Piccolo della riscoperta ed antica Pompei:

«Abbiamo ascoltato queste registrazioni prodigiose, le parole sono troppo fragili per tentare di descrivere l’impressione prodotta dall’incomparabile arte canora della Callas. Non si può dire che una cosa: che tutto ciò confina col miracolo e che in lei tutto risulta inatteso. Non mi aspettavo da lei per esempio una simile Gilda. Certuni affermano che sia quella la sua parte di elezione. Ormai grazie alla tecnica è possibile ascoltare questa diva assolutamente unica rilassandosi in una poltrona e sorseggiando un whisky. E’ una cosa piuttosto bizzarra.»

Mi ha colpito la frase "in lei tutto risulta inatteso" come se prima della Callas da un soprano si aspettasse sempre "il solito"...

Assolutamente Callas!




Vorrei anch'io pensarla così, ma l'unicità della Callas secondo me trascende qualsiasi ragionamento logico e deduttivo sulla forzosa evoluzione dovuta al tempo trascorso.
Insomma: un "classico" resta "classico" per l'eternità, anche se ci sarà sempre qualcosa di diverso, che non necessariamente potrà essere definito "migliore".

Ieri finalmente ho avuto modo di vedere il film di Philippe Kohly "Callas Assoluta".
Che dire?
Orientato specificamente verso il mercato angloamericano (non c'è una sola intervista rilasciata in italiano), il film ruota attorno ai luoghi comuni (scandalo di Roma, Onassis, il gossip, e il glamour della Diva), unendoli a rari momenti di emozione.
La sua ultima intervista radiofonica straccia l'anima. Ascoltare dalla sua viva voce di sentirsi "inutile" è sconvolgente!
Ho apprezzato molto anche poterla ascoltare in greco, da un frammento d'intervista rilasciata nel suo Paese.
La sceneggiatura del film è la storia più o meno romanzata della sua vita, abilmente ricostruita su immagini di repertorio dell'epoca, che non necessariamente contemplavano la sua presenza.
E' un gossip pseudo-storico che non indugia sulle interviste a colleghi e "amici", ma si rifa piuttosto alla leggenda, al sentito dire, alla fantasia. Ribadire in ogni momento che, o lei, o la mamma, o la sorella erano diventate "amanti" di qualcuno, mi ha un po' disgustato.
Lo trovo il tipico approccio apprezzato dalla massaia americana (ma ormai si può dire di qualsiasi parte del mondo occidentale) che vuole vedere la soap opera "Beautiful" trasposta in qualsiasi aspetto - vuoi passato, vuoi presente - della vita quotidiana di una donna di successo.
Per talune immagini ed interviste darei un 10 e lode, per tutto il resto un 4.
La media è un 6 striminzito che viene dato più perché si parla di Lei, che non per il lavoro fatto.

La voce "brutta"



Anche se virgolettato, io sfaterei la favola della voce "brutta" di Maria Callas che taluni detrattori ad oltranza addebitano alla Divina prendendo a riferimento alcune presunte "sgradevolezze" presenti nelle interpretazioni degli ultimi anni della sua carriera artistica.

Inviterei gli amanti delle "voci angeliche" ad ascoltare con attenzione il primo periodo della cantante. Siamo a livelli sovraumani di perfezione e di capacità tecniche, con una voce che è, e resta, bellissima oltre che UNICA. Nessuna ne ha una che le si può comparare. In qualsiasi momento accada di ascoltarla, anche in modo fugace, si percepisce che il timbro è fortemente univoco. E non solo per la caratterizzazione specifica della sua voce, ma anche per l'immenso afflato interpretativo che l'accompagna.

Di quante altre cantanti si può dire lo stesso?
Scusate, se mi rispondo da solo: NESSUNA!
Né di ieri, né di oggi. O, almeno, nessuna di cui abbiamo testimonianza diretta con registrazioni e riprese video giunte fino a noi. Della Malibran e della Pasta, tanto osannate nei sacri testi del canto, non sappiamo null'altro che non sia mediato dagli occhi e dalle orecchie di chi era suo contemporaneo.
Un po' poco, se permettete...

Immaginate un po' se un nostro futuro discendente dell'anno 3000 volesse rifarsi alla certa ed assoluta contemporaneità dell'arte di Maria Callas, e avesse come fonte la "critica" di qualche antidiluviano e anacronistico "tebaldiano" d'antan...! :-)

Le "sgradevolezze" che taluni le addebitano fanno parte integrante della sua arte interpretativa: la voce "piegata" fino allo spasimo nel tentativo - perfettamente riuscito - di dare anima e significato al testo musicale e scritto.

Posso capire che per un'intera schiera di appassionati che propendono al "bel suono" in sé, più che alla perfetta simbiosi tra musica, canto e recitazione, la Callas ancora oggi possa risultare un pugno nell'occhio insopportabile; ma il messaggio che ci è stato lasciato ha valenza imprescindibile per coloro che tentano di ottenere il migliore approccio interpretativo ad un testo musicale che comprenda un personaggio d'opera.

venerdì 24 aprile 2009

La mia prima Callas




Sono appassionato da sempre di musica sinfonica e cameristica; quest'ultima preferibilmente senza voci…

Ho cominciato ad ascoltare qualcosa di lirica alla fine degli anni '70, quando, aumentando a dismisura il numero di titoli disponibili nella mia discoteca, mi accorsi che non poteva mancare anche quel genere.

Sono sempre stato contrario ad accettare una voce “impostata”, come quelle della lirica, “in abbinata” ad un brano musicale. Il connubio mi faceva venire i brividi, come quando si strusciano le unghie sul vetro.

Eppure, da adolescente ero stato più di una volta al Teatro di San Carlo a Napoli, presenziando a rappresentazioni di opere complete, quasi tutte composte da Giuseppe Verdi.

L'impatto visivo, le scene, con il suono dell'orchestra dal vivo, mi davano emozioni fortissime che calavano inesorabilmente non appena appariva una cantante o un cantante ad impalarsi sulla scena per la sua parte.

Mi sono forzato tantissime volte e, un giorno, nel mitico negozio Cesarini di Napoli in Largo Celebrano (eh, non c’è più da tanto troppo tempo!), comprai "La Traviata" di Verdi nell'edizione diretta da Antonino Votto.
Solisti: Scotto, Raimondi e Bastianini.
Un doppio LP che ancora conservo nella mia discoteca tra le cose più care.

Ascoltai con attenzione, e sebbene annoiato ad ogni accenno canoro (more solito), mi accorsi che la Scotto mi piaceva molto più di quanto avessi avuto la ventura di conoscere in una rappresentazione al San Carlo.
Come dite? Volete sapere chi era? Boh?!?

Il doppio disco giacque però lì per un bel po' di tempo, dopo il fugace primo ascolto.

Beethoven, Bach, Mozart, Brahms, Tschaikowsky, Schumann. Chopin, Bruckner, Wagner... (orchestrale!), premevano e mi prendevano interi pomeriggi di ascolto piacevole ed ininterrotto, rendendomi una persona felice.

Intanto, e siamo nei primissimi anni '80, continuavo ad erudirmi con le critiche pubblicate sulle varie riviste, tra cui quelle della sezione musicale di Suono e Stereoplay, e fu anche lì che mi imbattei ancora nel nome di Maria Callas.

Non sapevo chi fosse, se non per la notorietà dovuta al personaggio pubblico che rappresentava. Ne sentivo parlare sempre un gran bene, ma da accanito appassionato di hi-fi non accettavo di dover ascoltare sul mio megagalattico impianto (beh, all'epoca mica tanto!), musica "vecchia" o, meglio, incisa e/o registrata male.

La Traviata diventò allora il mio "riferimento" per la lirica per cui, tornando successivamente al negozio Cesarini, comprai l'unica versione disponibile che la Callas avesse inciso in studio (con la speranza che fosse migliore - tecnicamente parlando - di quelle dal vivo). Mi riferisco alla versione Cetra del 1953, diretta da Gabriele Santini.

In tutta sincerità, non avevo neanche idea di cosa si stesse preparando, a causa di quell'ascolto...

Tornai a casa, indirizzai immediatamente la puntina sulla parte in cui il soprano nel finale del primo atto canta: "E' strano, è strano...".

L'ascolto che si presentò alle mie orecchie - fatta salva una fastidiosa intermodulazione, presente in alcuni punti della registrazione, e che in altro caso mi avrebbe imposto l'immediato cambio del disco - fu sconvolgente! Non riuscivo a capacitarmi del come e del perché la Scotto, a paragone con la Callas, desse l'impressione di cantare "sforzandosi" così tanto. Fui colpito dall'agilità, dall'estensione, dal modo di cantare del tutto diverso, dall'accento, e dall'interpretazione. La Sua dizione, più che perfetta, non imponeva la lettura del libretto, e mi fece realizzare che ero nell'Empireo, "atterrato" su un pianeta completamente diverso, lontano anni luce da tutto il resto.

Mi venne dischiuso un orizzonte totalmente sconosciuto, sollevato dalle pesantezze e dalle barbosità che così tanto mi avevano colpito in negativo in precedenza, tenendomi lontano dal genere.

La modernità di quella Voce non mi ha mai più lasciato indifferente. Dovunque mi trovi, ogni qualvolta mi accorgo che stanno suonando qualcosa di suo, devo fermarmi ed ascoltare: è come un'attrazione magnetica (con "catalessi immobilizzante" annessa) che quella Voce impone al mio subconscio.

La lirica continua a non convincermi - anzi nella quasi totalità dei casi mi annoia, soprattutto per lo squallore tecnico/interpretativo che la circonda - non conosco i libretti a memoria, non ricordo i nomi di talune composizioni, figuriamoci dei cantanti, ma l'arte interpretativa e vocale della Callas fa ormai parte del mio DNA e mi impone, come in una regola monastica, il paragone immediato, diretto e spietato (nel 99,99% dei casi).
Sarò pure “vedovo”, sarò “fanatico”, sarò “isterico”, ma tant'è, son fatto così! E me ne vanto! ;-)

Ragion per cui, quelle rare volte che sono costretto a presenziare ad una rappresentazione lirica, preferisco recarmi ad ascoltare Opere che Lei non ha mai interpretato durante la Sua carriera!

Sangue amaro zero, attenzione salva; fatta eccezione la noia, sempre in agguato, in questi casi.

sabato 11 aprile 2009

Maria Callas «Deh torna, mio ben» tema e variazioni di H. Proch, Torino, 12.3.1951

Maria Callas esegue «Deh torna, mio ben» tema e variazioni di Heinrich Proch nel concerto del 12 marzo 1951 alla RAI di Torino. La scarsa qualità audio fa rimpiangere una migliore versione di questa registrazione che contiene una delle più spettacolari, fantasmagoriche e rutilanti interpretazioni della Divina. Maria, infatti non sembra avere limiti di sorta. La sua immensa Arte canora, unita alla portentosa tecnica, le permette di affrontare con apparente estrema facilità qualsiasi repertorio.

martedì 10 marzo 2009

Maria Callas e i suoi cani


Alla continua ricerca di materiale su Maria Callas, lo scorso gennaio mi sono imbattuto in un sito italiano che dedica una parte importante alla Divina. L'ho letto tutto, trovandolo estremamente interessante.
Quando mi sono trovato davanti l'articolo "Maria Callas e i suoi cani" mi è sovvenuto un commento divertente, anche se piuttosto acido...
Pensai bene in maniera innocente di inviarlo al sito che me l'ha anche pubblicato, tenendolo in calce all'articolo per un bel po' di tempo.
Un amico, qualche giorno fa, mi ha fatto notare però che quel commento è stato cancellato.
Non ne capisco la ragione.

Lo voglio riproporre sul mio blog, qui di sicuro non lo cancellerà nessuno! :-)

Scusatemi tanto, ma il titolo che avete dato a questo interessante articolo mi ha portato alla mente, in maniera molto divertita, il panorama di “cani” (nel senso migliore del termine, caso mai ce ne fosse uno! :-) con cui Maria Callas si è dovuta confrontare negli anni della sua incredibile carriera.
Lei, stella inarrivabile ed ineguagliabile del firmamento artistico, lì a contatto con certa gente dello spettacolo arrivata alla ribalta della cronaca grazie al vortice indotto dalla meravigliosa cometa artistica e umana di Maria Callas.
A tutti loro, ma innanzitutto a Lei, va il mio deferente e devoto omaggio.

Maria Callas: "Ardon gli incensi" Lucia di Lammermoor, Donizetti, Serafin, Firenze 1953

Maria Callas esegue "Ardon gli incensi" dall'opera "Lucia di Lammermoor" di Gaetano Donizetti. Registrato a Firenze tra gennaio e febbraio del 1953. Tullio Serafin dirige l'Orchestra e il Coro del maggio Musicale Fiorentino. Mirabile e spettacolare la cadenza.

Maria Callas: "Il dolce suono mi colpì di sua voce!" Lucia, Donizetti, Serafin, Firenze '53

Maria Callas esegue "Il dolce suono mi colpì di sua voce" dall'opera "Lucia di Lammermoor" di Gaetano Donizetti. Registrato a Firenze tra gennaio e febbraio del 1953. Tullio Serafin dirige l'Orchestra e il Coro del maggio Musicale Fiorentino.

martedì 24 febbraio 2009

Maria Callas: "Ah! Perfido" Beethoven (2ª parte) Rescigno, Parigi 1963/64

Maria Callas esegue la 2ª parte di "Ah! Perfido" di Ludwig van Beethoven. Nicola Rescigno dirige la Societé des Concerts du Conservatoire. Registrazione effettuata a Parigi tra il dicembre 1963 e il gennaio 1964.

Maria Callas: "Ah! Perfido" Beethoven (1ª parte) Rescigno, Parigi 1963/64

Maria Callas esegue la 1ª parte di "Ah! Perfido" di Ludwig van Beethoven. Nicola Rescigno dirige la Societé des Concerts du Conservatoire. Registrazione effettuata a Parigi tra il dicembre 1963 e il gennaio 1964.

giovedì 19 febbraio 2009

Maria Callas: "Qual fiamma avea nel guardo!...Hui! Stridono lassù" Pagliacci, Leoncavallo, Serafin

Maria Callas esegue "Qual fiamma avea nel guardo"... Hui! Stridono lassù" da "Pagliacci" di Ruggero Leoncavallo. Orchestra e Coro del Teatro alla Scala di Milano diretti da Tullio Serafin. Registrazione effettuata a Milano tra il 25 maggio e il 17 giugno del 1954.

mercoledì 11 febbraio 2009

Maria Callas: "Ben io t'invenni... Anch'io dischiuso un giorno" Nabucco Verdi - Roma 1952

Maria Callas esegue ""Ben io t'invenni... Anch'io dischiuso un giorno" dal "Nabucco" di Giuseppe Verdi. Orchestra della RAI di Roma diretta da Oliviero de Fabritiis. Registrazione effettuata negli Studi della RAI di Roma il 18 novembre del 1952.

domenica 1 febbraio 2009

Maria Callas "Samson recherchant ma présence...Amour, viens aider ma faiblesse!" da "Samson et Dalila" G.Prêtre, Parigi 1961

Maria Callas esegue "Samson recherchant ma présence...Amour, viens aider ma faiblesse!" da "Samson et Dalila" di Camille Saint-Saëns. Orchestre National de la Radiodiffusion Française diretta da Georges Prêtre. Registrazione effettuata a Parigi tra marzo e aprile del 1961.

domenica 25 gennaio 2009

Maria Callas "Mon coeur s'ouvre à ta voix" da "Samson et Dalila", Prêtre, Parigi 1961

Maria Callas esegue "Mon coeur s'ouvre à ta voix" da "Samson et Dalila" di Camille Saint-Saëns. Orchestre National de la Radiodiffusion Française diretta da Georges Prêtre. Registrazione effettuata a Parigi tra marzo e aprile del 1961.

mercoledì 21 gennaio 2009

Maria Callas "Printemps qui commence" da "Samson et Dalila", Saint-Saëns, Parigi 1961, G.Prêtre

Maria Callas esegue "Printemps qui commence" da "Samson et Dalila" di Camille Saint-Saëns. Orchestre National de la Radiodiffusion Française diretta da George Prêtre. Registrazione effettuata a Parigi tra marzo e aprile del 1961.

domenica 18 gennaio 2009

Maria Callas al Circolo della Stampa di Napoli - 1956


Ho trovato la notizia di un concerto che Maria Callas tenne nel 1956 al Circolo della Stampa di Napoli. Qui sotto il video che ho messo su YouTube in cui ci sono alcune foto di quell'evento storico:

domenica 4 gennaio 2009

Maria Callas - Suicidio! - New! Wonderful video!

This is not the usual video of Callas Suicidio. Best audio and video performance have been joined together to get a breathtaking effect.


Questa non è una delle solite rappresentazioni della Callas! Siamo in presenza di una versione speciale di "Suicidio", da "La Gioconda" di Amilcare Ponchielli. Sono stati uniti, con effetti a dir poco emozionanti, il sonoro nella versione degli anni '50 e il video di una delle sue ultime presenze in concerto degli anni '70, ottenendo un risultato davvero m-o-z-z-a-f-i-a-t-o!



Purtroppo il video (con tutto quanto l'account YouTube dell'autore di questa pregevole iniziativa), è stato cancellato e non è più possibile vedere ed ascoltare nulla.
Ho ritrovato il video e l'ho postato sul mio account YouTube per darne disponibilità a tutti gli appassionati della Divina.